Il patto marciano garantisce i mutui

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Fino a poche settimane fa il “patto marciano” era una costruzione sostanzialmente confinata nel diritto teorico: così si individuava il contratto per effetto del quale, in caso di inadempimento del debitore, il creditore acquisisce la proprietà di un dato bene di proprietà del debitore, con l’obbligo però del creditore di versare al debitore la differenza tra l’importo del proprio credito e il valore del bene oggetto di garanzia.
Era un contratto assai poco praticato (probabilmente perché non regolamentato) ma sicuramente lecito, in quanto non lesivo del divieto di patto commissorio e cioè dell’accordo in base al quale il creditore diviene proprietario di un bene del debitore inadempiente, senza dovergli corrispondere alcunchè. Con la legge sul vitalizio ipotecario, poi con il Dlgs 72/2016 (che consente alla banca di vendere la casa del mutuatario consumatore in caso di suo inadempimento) e con il Dl 59/2016 (concernente i finanziamenti alle imprese), il patto marciano compie invece un impetuoso ingresso nell’ambito del diritto codificato del nostro ordinamento (si veda la scheda in alto.
Nella “versione” del Dl 59/2016 (quella del Dlgs 72/2016 è invece diversamente configurata), il patto marciano è inquadrato come l’accordo tra la banca finanziatrice e l’impresa finanziata avente a oggetto il trasferimento alla banca di un bene immobile (di proprietà dell’impresa debitrice o di un terzo) sotto la condizione sospensiva dell’inadempimento del mutuatario. L’immobile oggetto di garanzia può essere di qualsiasi natura (terreno, fabbricato strumentale, fabbricato abitativo), ma non può trattarsi dell’abitazione principale del datore di ipoteca, del suo coniuge o di suoi parenti e affini entro il terzo grado.
In sostanza, se l’impresa finanziata è inadempiente, l’immobile è trasferito alla banca la quale (salvo tenerselo, ciò che è però improbabile) lo può direttamente vendere al fine di compensare, con il ricavato dalla vendita, il proprio credito, senza quindi doversi far luogo – come capita nel caso di inadempimento di un credito ipotecario – a una procedura esecutiva giudiziale: il bene oggetto di garanzia rimane di proprietà dell’imprenditore, ma ne viene previsto il passaggio di proprietà alla banca nel caso in cui l’imprenditore mutuatario non rimborsi il finanziamento: trascrivendo nei registri immobiliari il trasferimento sotto condizione sospensiva, si impedisce la pubblicazione sul bene in questione di altre formalità pregiudizievoli per la banca mutuante (ad esempio, la trascrizione di un pignoramento o di una domanda giudiziale o l’iscrizione di ipoteche), in quanto, se la condizione di inadempimento si verifichi, il passaggio di proprietà alla banca del bene oggetto di garanzia si deve intendere avvenuto nel momento stesso in cui il patto marciano venne originariamente trascritto.
Dato che si tratta di un patto di trasferimento sotto la condizione sospensiva dell’inadempimento del mutuatario, la legge stessa direttamente definisce quando si ha questa situazione; occorre anzitutto che si tratti di un ritardo nell’adempimento di almeno nove mesi (o di dodici mesi, nel caso che l’ammortamento del mutuo abbia raggiunto l’85%) e inoltre:
a) nel caso di rate mensili, si deve avere un mancato pagamento di almeno tre rate (anche non consecutive);
b) nel caso di ammortamento a rate di durata superiore a quella mensile, si deve avere il mancato pagamento anche di una sola rata;
c) nel caso di obbligo di restituzione non rateale, il ritardo va calcolato con riferimento alla data in cui il rimborso sarebbe dovuto avvenire.

Avvocato Brugherio (Monza – Milano) Avvocato Andrea Scaccabarozzi diritto bancario

Lo Stato deve garantire il diritto di visita ai figli per il genitore ostacolato dall’ex

http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/civile/2016-06-28/lo-stato-deve-garantire-diritto-visita-figli-il-genitore-ostacolato-ex-202639.php?uuid=AD5oItk

Otto anni senza poter ripristinare il rapporto con la figlia. E questo malgrado le sentenze che hanno riconosciuto il diritto del padre a incontrare la minore. Un’inerzia, quella mostrata dalle autorità nazionali, che è costata all’Italia una condanna dalla Corte europea dei diritti dell’uomo per violazione dell’articolo 8 della Convenzione che assicura il diritto al rispetto della vita privata e familiare.

A rivolgersi a Strasburgo il padre di una bambina che, dopo il divorzio, non aveva più potuto avere contatti con la figlia. Denunciato dalla ex moglie per abusi sulla minore, era stato assolto da tutte le accuse. Ma la donna aveva frapposto continui ostacoli alle visite del padre. Malgrado le sentenze che hanno dato ragione al padre e le richieste ai servizi sociali per organizzare gli incontri, il diritto di visita non è stato realizzato in modo effettivo. Le misure decise dai tribunali, infatti, osserva la Corte, sono state automatiche e stereotipate. Con la conseguenza che le autorità nazionali, con la loro inerzia, hanno lasciato consolidare la grave situazione.

Eppure, scrive la Corte, nell’ambito dei legami familiari, il trascorrere del tempo senza contatti produce conseguenze irrimediabili. Di conseguenza, nel non garantire l’applicazione effettiva di misure adeguate volte a superare l’ostilità della madre della bambina e assicurare le visite del padre, l’Italia ha violato la Convenzione e in particolare gli obblighi positivi che derivano dall’articolo 8, incluse le misure preparatorie che servono ad assicurare i diritti. Tenendo conto, inoltre, che la mancata cooperazione di uno dei genitori non dispensa le autorità competenti dall’adozione di tutte le misure suscettibili di assicurare il mantenimento del legame familiare.

Avvocato Brugherio (Monza – Milano) Avvocato Andrea Scaccabarozzi consulenza diritto di famiglia.

Il calo del fatturato delle vendite giustifica il licenziamento del dirigente

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L’azienda in crisi con un calo del fatturato giustifica il licenziamento del dirigente. Questo in estrema sintesi il principio espresso dalla sentenza della Cassazione n. 12823/2016. La Corte si è trovata alle prese con una snc nel settore della distribuzione in cui un dirigente era stato licenziato a causa della riorganizzazione conseguente all’ingresso in azienda delle due figlie dell’amministratore unico e del calo di fatturato delle vendite, con conseguente riduzione dei costi.Avvocato Brugherio (Monza – Milano ) Avvocato Andrea Scaccabarozzi consulenza diritto lavoro.

Anche il direttore dei lavori è responsabile dei danni

Tutti responsabili per i difetti di costruzione del condominio: lo stabilisce l’articolo 1669 del Codice civile in materia di rovina e difetti di cose immobili, che presuppone un genere di responsabilità nella quale incorre certamente l’appaltatore che ha materialmente edificato il fabbricato, ma anche tutti quei soggetti che, a vario titolo, hanno concorso alla realizzazione dell’opera, in particolare, il progettista e il direttore dei lavori che hanno concorso alla determinazione dell’evento dannoso. Un principio richiamato dalla Cassazione con la sentenza 8700/2016.Avvocato Brugherio (Monza – Milano) Avvocato Andrea Scaccabarozzi consulenza diritto civile