Covid-19 e vacanze: i viaggiatori possono scegliere tra voucher e rimborso

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In riferimento all’articolo pubblicato oggi su Repubblica, come avevo già  constatato al momento dell’emissione del D.L. 18/20, convertito in L. 27/2020, ritengo che aver rimesso alla discrezionalità dell’organizzatore, nel caso recesso dai contratti di pacchetto turistico, di scegliere tra il rimborso integrale del corrispettivo percepito o l’emissione di un voucher sia contrario alla normativa europea, recepita nel Codice del Turismo (D. Lgs. 79/2011). La scelta del Legislatore mira a salvaguardare esclusivamente gli interessi degli imprenditori turistici a scapito del viaggiatore / consumatore. Ritengo, quindi, che debba prevalere la facoltà  da parte del viaggiatore di scegliere tra il rimborso ed il voucher, ai sensi dell’art 41 del D.Lgs 79/2011. La U.E. ha concesso due settimane di tempo al Governo Italiano per modificare detta norma; in caso contrario verrà aperta una procedura d’infrazione.

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Stop alle penali annullamento viaggio, se la disdetta è dovuta a grave malattia di un congiunto

L’art.art. 36, lett. d) del D. Lgs. N. 79/2011 – cosiddetto codice del turismo –  stabilisce che “i pagamenti in conto prezzo sono versati a titolo di caparra, ma gli effetti di cui all’articolo 1385 del codice civile non si producono qualora il recesso dipenda da fatto sopraggiunto non imputabile, ovvero sia giustificato dal grave inadempimento di controparte” .
Il Tribunale di Torino ha riconosciuto che la grave ed improvvisa patologia che aveva colpito la madre della sposa era certamente qualificabile come “fatto sopraggiunto non imputabile”, ed ha dichiarato il diritto dei coniugi ad ottenere la restituzione dell’intero prezzo pagato senza l’applicazione di penali.
L’applicazione di penali, infatti, osserva il Giudice, è clausola vessatoria regolata dall’art. 33, secondo comma, lett. e) del D. Lgs. n. 206/2005 – cosiddetto Codice del Consumo – il quale prevede che si presumano vessatorie, fino a prova contraria, le clausole che hanno per oggetto o per effetto di consentire al professionista di trattenere una somma di denaro versata dal consumatore se quest’ultimo non conclude il contratto o recede da esso, senza prevedere il diritto del consumatore di esigere dal professionista il doppio della somma corrisposta se è quest’ultimo a non concludere il contratto oppure a recedere.
La pronuncia in esame si inserisce in un percorso giurisprudenziale ormai consolidato in materia di annullamento per “fatto sopraggiunto non imputabile”, ma si segnala perché per la prima volta il Giudice ha stabilito che il “fatto sopraggiunto” possa riguardare anche un terzo, estraneo al sinallagma contrattuale, a condizione che, ovviamente, detto fatto abbia, come conseguenza immediata e diretta, il verificarsi di un impedimento grave alla partenza del contraente il pacchetto turistico.
La conclusione del giudice torinese, invero, pare del tutto condivisibile e coerente con il quadro normativo e giurisprudenziale vigente.
Corollario della risoluzione ai sensi dell’art. 1464 cod. civ., è il diritto per il consumatore alla restituzione dell’intero prezzo pagato. Alla medesima conclusione deve giungersi, in ogni caso, deve giungersi anche laddove non si sposi la suddetta interpretazione e si sposi, al contrario la tesi del legittimo “recesso” dal contratto sancito ex lege: pare questa infatti la linea interpretativa del Giudice torinese che argomenta la propria decisione richiamando l’art. 36 comma 1 lettera d) (che ricalca sostanzialmente l’abrogato art. 86, comma 1 lettera d) del D.Lgs. 206/2005) e sancendo che è escluso che il tour operator possa trattenere anche solo il 25% del prezzo del pacchetto turistico, qualora il recesso dipenda da un fatto sopraggiunto non imputabile, posto che, in tale ipotesi gli effetti dell’art. 1385 cod. civ. “non si producono”.

Avvocato Brugherio (Monza – Milano) Avvocato Andrea Scaccabarozzi assistenza e tutela del consumatore e del turista.

Il giudice nazionale accerta d’ufficio la clausola abusiva

http://www.quotidianodiritto.ilsole24ore.com/art/comunitario-e-internazionale/2016-04-21/il-giudice-nazionale-accerta-d-ufficio-clausola-abusiva-203447.php?uuid=ACsFh4CD

 

Il carattere abusivo di clausole incluse nei contratti conclusi dai consumatori va accertato d’ufficio dal giudice nazionale. E questo anche quando si tratta di procedure d’insolvenza e di contratti di credito al consumo. È la Corte di giustizia Ue a rafforzare la tutela del consumatore con la sentenza di ieri (C-377/14), accordando una protezione ad ampio raggio per riequilibrare la situazione di disuguaglianza del consumatore rispetto al professionista.

SENTENZA DELLA CORTE 21-4-2016 (Terza Sezione)

 

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