Come devono essere ripartite le obbligazioni dei comproprietari per le spese comuni nel caso di condomini morosi?
Su chi gravano le spese legali necessarie per sostenere un giudizio intrapreso dal condominio contro un condomino moroso o per resistere alla causa intentata da un comproprietario contro il condominio?
La ripartizione delle spese sulla base dell’art. 1123 c.c.
Il quesito pone l’interrogativo di come debbano essere ripartiti gli oneri condominiali, nel caso in cui all’interno del condominio ci siano condomini morosi, ovvero gli oneri afferenti le spese legali, quando tali spese siano relative a cause intercorse tra il condominio e uno o più condomini morosi.
In linea generale, si può partire dall’analisi di quanto prevede l’art. 1123 c.c. che detta i seguenti criteri per la ripartizione delle spese tra i condomini:
- in base alla tabella millesimale di proprietà (primo comma);
- in base al criterio del diverso utilizzo (secondo comma);
- in base al criterio dell’utilizzo separato (terzo comma).
Tutti i condomini cioè sono obbligati a partecipare alle spese per la conservazione e la gestione delle cose comuni in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.
L’art. 1123 c.c. ha carattere dispositivo e derogabile sia da delibere condominiali adottate all’unanimità, sia da regolamenti contrattuali che stabiliscano criteri diversi. I condomini, infatti, possono decidere sia pure all’unanimità, nell’esercizio della loro autonomia privata, una deroga all’applicazione dei criteri legislativi in favore di altri criteri di natura convenzionale efficaci inter partes. I criteri di riparto di cui all’art. 1123 c.c. non possono invece essere derogati da delibere assembleari assunte a maggioranza che sarebbero addirittura considerate nulle e non solo annullabili (Cass., Sez. Un., 5 maggio 1980, n. 2928 e 19 febbraio 1997, n. 1511). Concorde su questa interpretazione è anche la dottrina (Branca, Comunione, condominio negli edifici, 1965).
La ratio della norma è ispirata dalla necessità e dall’opportunità di ripartire l’obbligo di contribuzione alle spese condominiali a carico dei vari condomini secondo un criterio, non solo di proporzionalità ma anche che tenga conto delle eventuale diversa intensità con cui i condomini fruiscono delle cose e degli impianti comuni.
È dubbio se il principio affermato dall’art. 1123 c.c. relativamente al riparto pro quota delle spese valga, oltre che nei rapporti interni tra i condomini, anche nei confronti dei terzi per le obbligazioni contrattualmente assunte dal condominio.
L’orientamento giurisprudenziale, così come la dottrina non è univoco, riconoscendo a volte la solidarietà a volte la parziarietà.
Il Tribunale di Genova, con sentenza del 19 giugno 1993, nel caso di morosità maturata da un condomino ha riconosciuto che gli altri condomini devono anticipare pro quota, secondo le quote millesimali, gli oneri derivanti dalla morosità del condomino, salvo poi rivalersi su di lui.
Il Tribunale di Prato con sentenza del 5 aprile 1994, n. 197 e la Cassazione con sentenza 17 marzo 1993, n. 3159 hanno riconosciuto la nullità della delibera con la quale l’assemblea condominiale, in presenza della morosità di un condomino, decida, in deroga all’art 1123 c.c. di ripartire tra gli altri condomini la quota facente carico al condomino moroso, allorché ciò non avvenga a titolo provvisorio o temporaneo e salvo conguaglio, con contestuale attivazione da parte dell’amministratore delle iniziative necessarie per ottenere il pagamento degli oneri insoluti.
Conformemente, la Cassazione con sentenza del 5 novembre 2001, n. 13631 è intervenuta statuendo l’illegittimità della delibera assembleare che a maggioranza ha deliberato il riparto tra i condomini non morosi del debito dei condomini morosi. Prosegue la Cassazione riconoscendo legittima, nel caso invece di procedura esecutiva intrapresa dal creditore del condominio, la delibera assembleare la quale, quasi come in un rapporto di mutuo, tenda a sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo cassa ad hoc al fine di evitare danni più gravi nei confronti di tutti i condomini, esposti dal vincolo della solidarietà passiva di fronte ai terzi. Di conseguenza, sorge in capo al condominio e non ai singoli condomini morosi, l’obbligazione di restituzione ai condomini solventi le somme a tale titolo percepite, dopo avere identificato gli insolventi e recuperato dagli stessi le quote insolute e i maggiori oneri.
L’azione di restituzione delle somme, in favore dei condomini solventi, deve proporsi non nei confronti dei condomini insolventi, ma nei confronti del condominio.
Obbligazione parziale e obbligazione solidale
L’obbligazione solidale trova la sua disciplina nel codice civile all’artt. 1292 e ss. c.c. in base al quale sono solidali le obbligazioni aventi a oggetto una medesima prestazione dovuta da più debitori o da più creditori, e dove l’adempimento per l’intero da parte di un solo debitore libera gli altri, oppure l’adempimento nelle mani di un solo creditore libera verso gli altri creditori. Se più sono i debitori si ha solidarietà passiva; se più sono i creditori la solidarietà è denominata attiva.
Nella solidarietà passiva ciascun debitore può essere costretto all’adempimento per la totalità: il creditore cioè è libero di scegliere il debitore cui domandare l’intero. D’altro canto, nella solidarietà attiva il debitore è libero di scegliere il creditore verso cui adempiere.
L’obbligazione parziaria è un’obbligazione con più soggetti, ciascuno dei quali portatore di un diritto o di un obbligo parziale (art. 1314 c.c. «Se più sono i debitori o i creditori di una prestazione divisibile e l’obbligazione non è solidale, ciascuno dei creditori non può domandare il soddisfacimento del credito che per la sua parte, e ciascuno dei debitori non è tenuto a pagare il debito che per la sua parte»).
Con obbligo parziale si intende dire proporzionato alla sua partecipazione al vincolo obbligatorio. A seconda del fatto che le obbligazioni parziarie facciano capo a più creditori o a più debitori si distinguono in attive o passive. Per la parziarietà dal punto di vista dei creditori, vige la presunzione inversa a quella riguardante la solidarietà: vale infatti la presunzione della parziarietà attiva. In presenza di più debitori, invece, non opera la presunzione di parziarietà passiva, bensì quella contraria di solidarietà.
Secondo l’art. 1294 c.c. se la legge o il titolo non dispongono diversamente, i condebitori sono tenuti in solido. Da ciò si deduce la cd. “presunzione di solidarietà passiva”. Non trovandosi norma analoga all’art. 1294 c.c. per l’ipotesi di più creditori, ne deriva che non opera una presunzione di solidarietà attiva. Tuttavia è necessario precisare che l’argomentazione tiene solo di fronte a una obbligazione divisibile (ciascun creditore dovrà limitarsi a chiedere la propria parte: art. 1314 c.c.), poiché se fosse indivisibile, l’attuazione non potrebbe che essere solidale (art. 1317 c.c.).
Ciò che accomuna l’obbligazione parziaria e l’obbligazione solidale è la pluralità soggettiva dalla parte del debitore o dalla parte del creditore e l’identità della prestazione oggetto dell’obbligazione.
Ciò che, invece, distingue l’obbligazione parziaria dall’obbligazione solidale è la modalità dell’adempimento in quanto, mentre nell’obbligazione solidale ciascun creditore può pretendere l’intero da uno qualunque dei debitori il quale, dopo avere pagato dovrà rivolgersi ai condebitori per ottenere da ciascuno il rimborso della sua parte, nell’obbligazione parziaria ciascun debitore è obbligato solo per la quota di partecipazione al rapporto obbligatorio e ciascun creditore può esigere una quota della prestazione analogamente commisurata alla sua quota di partecipazione.
Le obbligazioni solidali raffigurano la risposta dell’ordinamento ai problemi derivanti dalla presenza di più debitori o creditori, dalla unicità della causa della obbligazione e dalla unicità della prestazione.
Ci si chiede dunque se dall’applicazione dell’art. 1123 c.c. possa derivare l’applicazione del regime parziario anche nelle obbligazioni esterne. In questo caso, il fornitore esterno contraente con il condominio potrà chiedere l’adempimento della prestazione a ciascun condomino in ragione della propria quota millesimale.
Sul punto si sono formati due orientamenti. Dottrina e giurisprudenza maggioritarie ritengono che sia per ragioni di celerità dei traffici giuridici, sia per la natura dell’obbligazione assunta nell’interesse del condominio sussistono tutti i requisiti (pluralità di debitori, unica prestazione, unica fonte) perché possa parlarsi di obbligazione solidale passiva. Il terzo contraente con il condominio potrà ottenere il soddisfacimento dell’intero anche da uno soltanto dei condomini; questi avrà diritto di regresso nei confronti degli altri condomini limitatamente alla quota millesimale dovuta da ciascuno di essi.
La responsabilità dei singoli partecipanti per le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi avrebbe natura solidale anche avuto riguardo al principio generale stabilito dall’art. 1294 c.c. per l’ipotesi in cui più soggetti siano obbligati per la medesima prestazione: principio non derogato dall’art. 1123 c.c. che si limita a ripartire gli oneri all’interno dei condomini (Cass. civ., Sez. II, 21 ottobre 2011, n. 21907, conforme Cass. civ., Sez. II, 4 giugno 2008, n. 14813, Cass. civ., Sez. II, 30 luglio 2004, n. 14593).
Secondo questa tesi quindi il creditore esterno sarebbe legittimato a pretendere il pagamento del proprio credito integralmente da uno dei condomini il quale poi dovrebbe agire in via di regresso nei confronti degli altri condomini per ottenere da ciascuno il rimborso pro quota di quanto versato in eccedenza rispetto alla sua quota di partecipazione al condominio.
Un diverso indirizzo minoritario, al contrario, sostiene che la responsabilità dei condomini verso i terzi sarebbe retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte dal condominio verso i terzi non andrebbero imputate a ciascun condomino per intero, bensì in proporzione alle rispettive quote (Cass. civ., Sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530).
A sostegno di questa tesi, si osserva che il principio della solidarietà passiva ex art. 1294 c.c., pur avendo carattere generale, necessita per la sua applicazione della contemporanea esistenza di tre requisiti: la presenza di più debitori, la unicità della causa dell’obbligazione e la unicità della prestazione. In difetto di uno dei predetti requisiti, la solidarietà non si applica.
Con particolare riferimento all’unicità della prestazione, l’art. 1294 c.c. trova applicazione quando la prestazione comune è indivisibile: se, invece, l’obbligazione è divisibile, si applica, salva diversa disposizione, il differente criterio della parziarietà, dettato dall’art. 1314 c.c. in tema di obbligazioni divisibili.
Ciò premesso, nelle obbligazioni assunte verso terzi nell’interesse del condominio manca proprio il requisito della unicità della prestazione: questa, infatti, è certamente unica e indivisibile per il terzo creditore, il quale la effettua nell’interesse di tutti i condomini; non altrettanto può dirsi, invece, per la prestazione assunta dai condomini, che, consistendo normalmente in una somma di denaro, rappresenta una prestazione non comune, ma divisibile.
In ogni caso, la prestazione assunta dal condominio nell’interesse di tutti i condomini, in particolare per l’uso e la manutenzione delle parti comuni ex art. 1123 c.c., risulta comunque divisibile dal punto di vista del debitore: infatti, essa ben potrà assumere contenuto diverso da condomino a condomino, in ragione della ripartizione pro quota della parti comuni, per cui il principio della solidarietà risulta inapplicabile.
Particolarmente rilevante in materia di obbligazioni parziarie è stata la riconduzione, da parte delle Sezioni Unite della Suprema Corte con sentenza n. 9148/2008, a tale tipologia di obbligazioni degli obblighi gravanti sui singoli condomini con riferimento alle spese deliberate dal condominio per la conservazione della cosa comune. Si tratta di una pronuncia non da tutti condivisa, anzi è una sentenza che componendo un lungo contrasto giurisprudenziale, ha optato per il criterio della parziarietà, sostenuto da un isolato indirizzo interpretativo.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione che hanno abbracciato la tesi minoritaria, hanno statuito che: «in riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi – in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un’obbligazione avente a oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l’amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio – la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie» (Cass. civ., Sez. Un., 8 aprile 2008, n. 9148; conf. Cass. civ., Sez. III, 21 luglio 2009, n. 16920).
Secondo la sentenza sopra richiamata, l’obbligazione contratta dall’amministratore nell’interesse del condominio ha carattere parziario poiché viene meno l’unicità della prestazione, elemento essenziale perché si possa configurare la solidarietà. In particolare, non sussiste l’unicità della prestazione poiché l’obbligazione condominiale, avendo a oggetto una somma di denaro, è divisibile e ciò comporta l’applicazione dell’art. 1314 c.c.
Le Sezioni Unite sostengono che, nella particolare ipotesi della materia condominiale, non è ravvisabile alcuna norma che stabilisca la solidarietà delle obbligazioni. In particolare la sussistenza della stessa non è desumibile dal dettato dell’art. 1115 c.c. che, sotto la rubrica “obbligazioni solidali dei partecipanti”, non stabilisce che le obbligazioni devono essere contratte in solido, ma regola quelle che concretamente sono contratte secondo tale criterio. A ciò si aggiunga che la norma in esame non riguarda neppure il condominio di edifici, ma regola la vendita di cosa comune.
Secondo i giudici di legittimità inoltre, la solidarietà non potrebbe ricondursi neppure a un concetto di unitarietà del gruppo di condomini, posto che il condominio oltre a non costituire un soggetto autonomo diverso dai singoli condomini, non potrebbe neppure configurare un ente di gestione per la mancanza di un proprio patrimonio. Si sottolinea, così, come le obbligazioni non si contraggono a favore di un ente, ma nell’interesse dei singoli partecipanti.
Ne deriva, pertanto, nel caso di specie, che per le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio, i singoli saranno vincolati nei limiti delle loro attribuzioni e in ragione delle specifiche quote.
Le obbligazioni e le susseguenti responsabilità dei singoli condomini saranno dunque governate dal criterio dalla parziarietà e non da quello della solidarietà.
Ai singoli proprietari si imputano, infatti, in proporzione alle rispettive quote, le obbligazioni assunte nel cosiddetto “interesse del condominio”, in relazione alle spese per la conservazione e per il godimento delle cose comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza.
La Suprema Corte perviene alla conclusione che le obbligazioni e la susseguente responsabilità dei condomini sono governate dal criterio della parziarietà attraverso i seguenti passaggi: la solidarietà passiva esige la sussistenza non solo della pluralità dei debitori e della identica causa dell’obbligazione, ma altresì della indivisibilità della prestazione comune; in mancanza di quest’ultimo requisito la intrinseca parziarietà delle obbligazioni prevale; inoltre considerato che l’obbligazione ascritta a tutti i condomini non è contemplata da nessuna statuizione di legge e che l’art. 1123 c.c. non distingue il profilo esterno e quello interno; infine, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio, l’amministratore vincola i singoli nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote.
Pertanto, il singolo condomino potrà rifiutarsi di pagare l’intera obbligazione, essendo tenuto solo a corrispondere la propria quota in proporzione al valore del piano o porzione di piano di sua spettanza.
Conclude la Corte, ribadendo che le obbligazioni dei condomini sono regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c., per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditari in proporzione alle loro quote e l’obbligazione si ripartisce tra gli eredi di uno dei condebitori o di uno dei creditori in solido, in proporzione alle quote ereditarie.
Qualora poi venisse ingiunto, ex art. 633 c.p.c., ben potrà opporsi il condomino alle richieste del creditore con atto di citazione ex art. 645 c.p.c., eccependo la propria limitazione di responsabilità; in caso contrario, potrà essere condannato, dal giudice competente, a pagare l’intero, ma poi avrà diritto a recuperare l’importo versato in eccedenza non con l’azione di regresso, bensì con azione di ripetizione dell’indebito, ex art. 2033 c.c.
Il caso particolare della morosità relativa al pagamento delle spese legali
Il recupero del credito verso i condomini morosi è uno dei problemi sempre esistiti e sempre attuali all’interno di un condominio.
In questo caso, l’amministratore, dopo solleciti verbali e scritti, può decidere, nella propria autonomia, di dare incarico a un legale di fiducia per il recupero del credito.
Il legale, in forza del mandato ricevuto, procederà a sua volta a sollecitare il condomino moroso affinché provveda al saldo di quanto dovuto, richiedendo allo stesso anche il pagamento dei suoi onorari. Il condomino moroso, ricevuta la diffida, potrà alternativamente: adempiere spontaneamente provvedendo a pagare integralmente quanto richiesto (inclusa la parcella del legale); adempiere spontaneamente provvedendo a pagare le sole spese condominiali; ignorare completamente il sollecito ricevuto (ovvero contestarne il contenuto).
Il primo scenario, naturalmente, risolve a monte ogni tipo di problema. La terza ipotesi invece apre evidentemente con tutta probabilità la strada a un contenzioso giudiziale che terminerà con un provvedimento del giudice che porrà presumibilmente a carico del soccombente il pagamento delle spese legali, con l’ovvia conseguenza che ove sia il condominio a soccombere, tali spese andranno suddivise secondo i criteri delle tabelle millesimali.
Ma cosa accade invece qualora il debitore saldi gli importi relativi alle spese condominiali da lui dovute e non accetti invece di pagare spontaneamente anche la parcella del legale per l’attività (stragiudiziale) da lui svolta? Obbligato nei confronti del professionista è il condominio nel suo complesso, essendo al condominio nel suo complesso che il legale si rivolgerà per trovare la legittima soddisfazione delle sue richieste avendo ricevuto dal condominio tramite l’amministratore l’incarico. Ma nella ripartizione interna di tali spese, qual è il criterio da utilizzare?
Il principio che guida in questo tipo di controversie la Cassazione, è quello che, in mancanza di un titolo differente (quindi di una sentenza o di un decreto ingiuntivo non opposto), le spese relative all’attività del professionista, sono da considerarsi spese comuni, affrontate dal condominio nell’interesse generale dei condomini e, pertanto, vanno ripartite secondo il criterio generale previsto dal primo comma dell’art. 1123 c.c., in base dunque a uno stretto criterio di proporzionalità. Precisa inoltre la Cassazione (a es. sentenza 6 ottobre 2008, n. 24696, come pure la sentenza 19 marzo 2010, n. 6714) che la delibera dell’assemblea che in violazione di tale regola ponga le spese legali a carico di un unico condomino (ancorché colui nei cui confronti si è agito per il tramite del professionista) sia da considerarsi viziata da radicale nullità (anche se approvata all’unanimità).
In sede di assemblea, non si potrà deliberare (almeno non senza esporsi al rischio di vedersi impugnata la relativa decisione) di porre a carico del condomino (ancorché moroso) le spese legali sostenute dal condominio per il recupero delle quote non versate.
Nel caso in cui invece venga posta in essere una azione giudiziaria, l’art. 1132 c.c. stabilisce che «Qualora l’assemblea dei condomini abbia deliberato di promuovere una lite o di resistere a una domanda, il condomino dissenziente, con atto notificato all’amministratore, può separare la propria responsabilità in ordine alle conseguenze della lite per il caso di soccombenza».
Ciò vuol dire che le spese legali dovranno essere ripartite solamente tra i condomini che hanno votato favorevolmente in relazione all’iniziativa della lite.
Secondo il Tribunale di Roma (sentenza 22 giugno 2009, n. 13821), la deliberazione dell’attribuzione delle spese legali ai condomini che si sono dissociati è nulla, perché in violazione dell’art. 1132 c.c. che, contemperando l’interesse del gruppo con quello del singolo, riconosce al dissenziente di sottrarsi agli obblighi derivanti dalle delibere assunte.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con la sentenza n. 9148, dell’8 aprile 2008 citata, hanno cercato di fare chiarezza sull’argomento stabilendo che l’obbligazione dei condomini nei confronti dei terzi è caratterizzata dalla parziarietà e non dalla solidarietà. Ciascuno pertanto risponde solo per la propria quota: è affetta da nullità la delibera del condominio che ripartisce il debito del condomino moroso tra gli altri condomini.
Sempre secondo la sentenza della Cassazione del 2008, le spese legali sostenute per l’azione di recupero del credito, come può essere il decreto ingiuntivo contro il condomino, andranno ripartite tra tutti gli altri condomini (escluso il moroso) sulla base della tabella millesimale.
La Corte ha stabilito che ci si trova in presenza di obbligazioni propter rem, che nascono come conseguenza dell’appartenenza in comune, in ragione della quota, delle cose, degli impianti, e dei servizi e solo in ragione della quota, a norma dell’art. 1123 c.c., i condomini sono tenuti a contribuire alle spese per le parti comuni.
Configurandosi quindi come obbligazioni propter rem in quanto connesse con la titolarità del diritto reale sulle parti comuni ed essendo queste obbligazioni comuni naturalisticamente divisibili ex parte debitoris, il vincolo solidale risulta inapplicabile e prevale la struttura parziaria delle obbligazioni.
Le Sezioni Unite evidentemente si erano poste l’obiettivo di risolvere la dicotomia inerente la tutela del terzo creditore ovvero dei condomini adempienti nell’assolvere il pagamento delle rate condominiali; questi infatti, se valesse il principio della solidarietà, potrebbero vedersi aggredito il loro patrimonio a causa della morosità altrui.
Sussiste tuttavia una disparità di trattamento tra creditori del condominio: quelli che derivano il loro credito da un contratto e quelli che lo vantano in virtù di fatti extracontrattuali (a es. le spese legali liquidate a favore della controparte in una causa che abbia visto il condominio quale parte soccombente), considerato che la sentenza n. 9248/2008 si riferisce espressamente ai debiti derivanti da un contratto. Nell’ipotesi di debiti extracontrattuali, la solidarietà tra condomini rimane inalterata.
E in effetti, dopo quindici giorni dalla pubblicazione della sentenza della Cassazione a Sezioni Unite, la seconda Sezione ritorna sull’argomento optando per il diverso criterio della solidarietà a discapito del criterio della parziarietà abbracciato dalle Sezioni Unite.
I giudici di legittimità sia con la sentenza n. 14813/2008 che con la sentenza 21 ottobre 2011, n. 21907, hanno avuto modo di chiarire che «poiché l’obbligo del contributo grava sul titolare del piano o della porzione di piano inteso come cosa unica e poiché i comproprietari costituiscono, rispetto al condominio, un insieme, ciascuno è tenuto in solido verso il condominio».
La decisione del 2011 ha anche inteso chiarire come non sia «di ostacolo all’applicazione della regola della solidarietà il fatto che le quote dell’unità immobiliare siano pervenute ai comproprietari in forza di due distinti atti successori, giacché la diversità dei titoli di provenienza concerne il modo di acquisto del bene in comunione ma non tocca la contitolarità del debito per le obbligazioni assunte dai comproprietari in relazione alla cosa comune né incide sul modo di attuazione dell’obbligazione nei rapporti con il condominio creditore».
Con la pronuncia della seconda Sezione, la specifica e chiara presunzione generale dettata dall’art. 1294 c.c. derogabile solamente da una espressa disposizione di legge ovvero con un accordo delle parti interessate, è stata ripristinata. Secondo parte della dottrina, la decisione delle Sezioni Unite comprometteva la consolidata certezza del vincolo di solidarietà tra i comproprietari immobiliari per l’adempimento delle obbligazioni afferenti le cose comuni, innestando una conflittualità ben più dannosa dell’inconveniente pratico di un’onerosa anticipazione di somme.
Il ripristino della interpretazione basata sul criterio della solidarietà avviene attraverso la statuizione per la quale la pretesa responsabilità soltanto parziaria non chiarisce perché «dovrebbe essere derogato il principio generale di cui all’art. 1292 c.c. secondo il quale la solidarietà si presume nel caso di pluralità di debitori».
La riforma del condominio
La riforma del condominio (legge 11 dicembre 2012, n. 220), ha novellato l’art. 63 delle Disposizioni di attuazione del codice civile, il quale attualmente, al secondo comma, prevede quanto segue: «I creditori non possono agire nei confronti degli obbligati in regola con i pagamenti, se non dopo l’escussione degli altri condomini». L’articolo poi prosegue: «l’amministratore è tenuto a comunicare ai creditori non ancora soddisfatti che lo interpellino i dati dei condomini morosi».
Va correttamente inteso il senso della riforma legislativa, e precisamente va chiarito in che senso e con quali modalità il creditore del condominio possa agire contro i condomini morosi.
La giurisprudenza formatasi con le Sezioni Unite della Cassazione, prima della entrata in vigore della riforma, aveva sancito il criterio della parziarietà delle obbligazioni condominiali nei confronti dei terzi creditori, superando il precedente orientamento della solidarietà passiva. In particolare, la Cassazione civile a Sezioni Unite aveva precisato quanto segue: «Conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore può procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno» (Cass., Sez. Un., n. 9148/2008).
In buona sostanza le Sezioni Unite hanno introdotto un principio di ripartizione che non sembra intaccato dalla nuova normativa.
L’unica vera novità è che in caso di esito negativo dell’escussione nei confronti dei condomini morosi il creditore potrà rivolgere le proprie pretese anche nei confronti dei condomini virtuosi; ma una volta acclarato che questi sono tenuti a pagare, resta fermo che, secondo il principio della parziarietà enunciato dalle Sezioni Unite essi saranno tenuti a contribuire solo in ragione della quota risultante dai millesimi di proprietà, e non per l’intero importo.
Emerge quindi con tutta chiarezza che il nuovo art. 63 disp. att. c.c. ha semplicemente disciplinato una particolare fattispecie, sancendo che in caso di escussione negativa nei confronti di singoli condomini morosi sia possibile agire anche nei confronti di quelli virtuosi, ma lasciando intatti i generali criteri di parziarietà nella esigibilità del credito vantato, enunciati dalle Sezioni Unite.
Bisogna tuttavia evidenziare che il Tribunale di Milano ha riconosciuto la responsabilità solidale per i debiti condominiali dei condomini che, tuttavia, possono eccepire la necessità, per il creditore, di agire prima nei confronti dei debitori morosi e, solo dopo, in caso di insoddisfazione, nei confronti degli altri condomini in regola con i pagamenti (Trib. Milano 18 giugno 2014, n. 8145).
Anche il Tribunale di Ascoli Piceno (come già in precedenza il Tribunale di Padova con sentenza del 16 gennaio 2015 n. 150) recentemente ha statuito che la riforma delle norme sul condominio, posta in essere dalla legge 11 dicembre 2012 n. 220, che ha stabilito con chiarezza la natura solidale e non parziaria delle obbligazioni condominiali, ha stabilito che il creditore può agire anche verso i condomini diversi da quello moroso, con la precisazione, però, che il creditore può aggredire il patrimonio dei condomini in regola con i pagamenti solo dopo l’esclusione di quelli morosi; l’obbligazione in questione ha, quindi, natura solidale ma con previsione di una sussidiarietà tra le varie obbligazioni e, dunque, di un beneficium excussionis (Trib. Ascoli Piceno 26 novembre 2015).
In definitiva, l’applicazione della nuova norma può portare a tre differenti situazioni: nel caso in cui il condominio abbia deliberato il pagamento delle somme pretese dal creditore e vi siano condomini morosi, questi saranno primariamente escussi dal creditore, ma ognuno entro i limiti della quota spettante e deliberata; nel caso in cui l’escussione abbia esito negativo, il creditore potrà agire contro i condomini virtuosi, ma anche in questo caso entro il limite delle quote dovute in ragione dei millesimi di proprietà, per cui la somma da recuperare, che non è stato possibile escutere dai condomini morosi, andrà ripartita tra i condomini virtuosi in misura proporzionale ai millesimi di proprietà di ciascuno; nel caso infine il condominio non abbia deliberato il pagamento delle somme pretese dal creditore e questi ottenga valido titolo esecutivo, sarà possibile agire, per l’escussione, contro tutti i condomini in ragione delle rispettive quote calcolate in base ai millesimi di proprietà (cioè esattamente nello stesso modo sancito dalle Sezioni Unite in epoca ante riforma).
Considerazioni conclusive
La sentenza della Corte di Cassazione n. 9148/2008 è stata per certi versi dirompente in quanto ha contribuito a fare luce sulla natura parziaria delle obbligazioni condominiali, intervenendo in un dibattito di dottrina e giurisprudenza che si divideva tra natura solidale e parziaria dell’obbligazione.
Le Sezioni Unite si erano poste l’obiettivo di risolvere la dicotomia riguardante la tutela del terzo creditore ovvero dei condomini virtuosi adempienti nell’assolvere il pagamento delle rate condominiali: secondo l’interpretazione della Corte se si fosse applicato il principio della solidarietà, i condomini in regola con i loro pagamenti avrebbero corso il rischio in estrema conseguenza, di vedere aggredito il proprio patrimonio a causa della morosità altrui.
Oggi l’art. 63 disp att. c.c. prevede una responsabilità solidale dei condomini, seppure con dei limiti imposti al creditore procedente. Quest’ultimo infatti può agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti anche se la sua azione è limitata, in quanto potrà aggredire il patrimonio dei condomini non morosi solo dopo l’escussione dei morosi.
È rimasta aperta la questione– sul punto la riforma tace – se i creditori potranno ora nuovamente rivolgersi a uno solo dei condomini non morosi per l’intero loro credito ovvero se dovranno limitarsi a richiedergli solo la rispettiva quota del debito non onorato dal condomino moroso.
La Corte di Cassazione 17 febbraio 2014, n. 3636, sembrerebbe richiamare la vigenza del principio di parziarietà stabilendo che «in riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi – in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un’obbligazione avente a oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l’amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio – la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli articoli 752 e 1295 c.c., per le obbligazioni ereditarie».
LA SELEZIONE GIURISPRUDENZIALE
RIPARTIZIONE DELLE SPESE SULLA BASE DELL’ART. 1123 C.C.
Cassazione civ., Sez. II, 5 novembre 2001, n. 13631
In mancanza di diversa convenzione adottata all’unanimità, espressione dell’autonomia contrattuale, la ripartizione delle spese condominiali deve necessariamente avvenire secondo i criteri di proporzionalità, fissati nell’art. 1123 c.c., e, pertanto, non è consentito all’assemblea condominiale, deliberando a maggioranza, di ripartire tra i condomini non morosi il debito delle quote condominiali dei condomini morosi; invece, nell’ipotesi di effettiva, improrogabile urgenza di trarre aliunde somme – come nel caso di aggressione in executivis da parte di creditore del condominio, in danno di parti comuni dell’edificio – può ritenersi consentita una deliberazione assembleare, la quale tenda a sopperire all’inadempimento del condomino moroso con la costituzione di un fondo – cassa ad hoc, tendente a evitare danni ben più gravi nei confronti dei condomini tutti, esposti dal vincolo di solidarietà passiva; conseguentemente sorge in capo al condominio e non ai singoli condomini morosi l’obbligazione di restituire ai condomini solventi le somme a tale titolo percepite, dopo aver identificato gli insolventi e recuperato dagli stessi quanto dovuto per le quote insolute e per i maggiori oneri.
Cassazione civ., Sez. II, 19 febbraio 1997, n. 1511
È illegittima la delibera di un condominio, adottata a maggioranza, con la quale si stabilisce un onere di contribuzione, delle spese di gestione, maggiore a carico di alcuni condomini, sul presupposto della loro più intensa utilizzazione, rispetto agli altri, di parti o servizi comuni, non solo perché la modifica ai criteri legali (art. 1123 c.c.) o di regolamento contrattuale di riparto delle spese richiede il consenso di tutti i condomini, ma anche perché il criterio di riparto in base all’uso differenziato, derivante dalla diversità strutturale della cosa, previsto dal secondo comma dell’art. 1123 c.c., non è applicabile alle spese generali, per le quali opera invece il criterio di cui al primo comma dello stesso articolo, ossia la proporzione al valore della proprietà di ciascuno.
NATURA SOLIDALE DELLE OBBLIGAZIONI DEI CONDOMINI
Tribunale di Padova, Sez. II civ., 16 gennaio
2015, n. 150
In ordine all’imputabilità delle somme azionate dalla società fornitrice di gas ai singoli condomini, pur prestando adesione al principio secondo cui la responsabilità dei condomini nei confronti dei terzi, per le obbligazione assunte nell’interesse del condominio è retta dal criterio della parziarietà, si rileva che nel rapporto instaurato con i terzi, nella fattispecie con la società opposta, l’amministratore del condominio agisce sulla scorta di un mandato collettivo attribuito con metodo assembleare e che, comunque, le relative deliberazioni assembleari autorizzative danno luogo, dal punto di vista negoziale, a una manifestazione unitaria e non divisibile di volontà. Il principio della ripartizione proporzionale fra i condomini delle spese ex art. 1223 c.c. si limita, come si evince dal dettato normativo, a ripartire tra i condomini l’onere delle spese condominiali all’interno del condominio stesso. Rispetto alle obbligazioni assunte dal condominio nei confronti dei terzi, conseguentemente, tutti i condomini devono ritenersi impegnati unitariamente e solidalmente, a prescindere dalla misura della quota, tutte le volte in cui, ed è l’ipotesi ricorrente nella fattispecie, l’onere riguardi il pagamento del corrispettivo di prestazioni, stante la sua incompatibilità rispetto a una situazione di parziarietà passiva, che riacquista il suo valore nei soli rapporti interni fra condomini. Conseguita nel processo la condanna dell’amministratore, quale rappresentante dei condomini, il creditore potrà procedere all’esecuzione individualmente nei confronti dei singoli, secondo la quota di ciascuno.
Cassazione civ., Sez. II, 4 giugno 2008, n. 14813
Il principio generale dettato dall’art. 1292 c.c., secondo il quale, nel caso di pluralità di debitori, la solidarietà si presume, trova applicazione anche con riferimento all’obbligo di contribuzione agli oneri condominiali dovuti dai comproprietari di una unità immobiliare sita in un condominio.
Cassazione civ., Sez. II, 21 agosto 2005, n. 17563
In materia di appalto costituisce obbligazione solidale dei committenti verso l’appaltatore quella del pagamento dell’intero corrispettivo di un appalto da loro congiuntamente conferito mentre attiene al rapporto interno tra condomini, non opponibile all’appaltatore, ancorché condomino anch’egli, la misura entro la quale la spesa per l’esecuzione dei lavori appaltati avrebbe dovuto essere ripartita tra i proprietari delle singole unità immobiliari.
Cassazione civ., Sez. II, 30 luglio 2004, n. 14593
In riferimento ai debiti contratti dal condominio per il godimento di beni e servizi comuni, concernenti prestazioni normalmente non divisibili, rispetto alle quali ciascun condomino ha interesse per l’intero, si applica il principio di cui all’art. 1294 c.c., dal quale discende una presunzione di solidarietà a carico di tutti i condomini.
Cassazione civ., Sez. II, 17 aprile 1993, n. 4558
Le obbligazioni contratte verso i terzi dall’amministratore del condominio (o da chi altri sia stato delegato dai condomini a contrarle) per conto del condominio e nei limiti delle sue attribuzioni o eseguendo deliberazioni dell’assemblea, sono direttamente riferibili ai singoli condomini che, in base all’art. 1284 c.c., sono, quindi, solidalmente responsabili, nei confronti del terzo, dell’adempimento delle predette obbligazioni, salvo il diritto di chi ha pagato di esercitare verso i condomini condebitori il diritto di regresso e di dividere il debito nei rapporti interni; pertanto, il terzo creditore del condominio può agire per la tutela del suo diritto sia contro l’amministratore o di chi altri abbia contratto l’obbligazione per delega o in rappresentanza dei condomini, sia nei confronti dei singoli condomini, direttamente obbligati nei suoi confronti.
NATURA PARZIARIA DELLE OBBLIGAZIONI DEI CONDOMINI
Tribunale di Salerno, civ., 13 febbraio 2015, n. 678
L’obbligazione ascritta a tutti i codomini, ancorché comune, è divisibile, trattandosi di somma di denaro, di talché, evidenziato, altresì, che la solidarietà nel condominio non è contemplata in alcuna disposizione di legge, deve affermarsi la natura parziaria della stessa. Le obbligazioni dei condomino sono, pertanto, regolate da criteri consimili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie, secondo cui i coeredi concorrono al pagamento dei debiti ereditari in proporzione alle loro quote e l’obbligazione in solido di uno dei condebitori tra gli eredi si ripartisce in proporzione alle quote ereditarie. La natura parziaria dell’obbligazione assunta dal condominio nei confronti dei terzi consente, dunque, di agire esecutivamente nei confronti dei singoli condomini laddove il titolo esecutivo sia ottenuto nei confronti del condominio, ma non esclude la possibilità di evocare in giudizio direttamente il condomino moroso, giacché il contratto stipulato dall’amministratore produce effetti direttamente nei confronti di ciascuno dei condomini.
Tribunale di Treviso, Sez. I civ., 8 ottobre 2014, n. 2235
In materia condominiale, esclusa la solidarietà, la responsabilità del condomino è solo parziale, ovvero proporzionata alla sua quota, anche nei rapporti esterni. Infatti, il terzo creditore, conseguita in giudizio la condanna dell’amministratore quale rappresentante dei condomini in relazione a un’obbligazione contrattuale dallo stesso stipulata, può procedere esecutivamente nei confronti di questi ultimi, non per l’intera somma dovuta ma solo nei limiti della quota di ciascuno.
Tribunale di Milano, Sez. XIII civ., 18 giugno 2014, n. 8145
In materia di condominio di edifici a seguito della riforma introdotta dalla legge n. 220 del 2012, i condomini sono tutti solidalmente responsabili per i debiti condominiali, senza alcuna distinzione tra obbligazioni contrattuali ed extracontrattuali; in caso di esecuzione, essi possono unicamente eccepire la necessità, per il creditore, di agire prima nei confronti dei debitori morosi e, solo dopo, in caso di insoddisfazione, nei confronti degli altri condomini in regola con i pagamenti. A seguito della novella predetta, di conseguenza, la nuova formulazione dell’art. 63 disp. att. c.c. prevede che l’amministratore è tenuto a fornire ai creditori i nominativi dei condomini morosi, cosicché gli stessi potranno agire nei confronti dei condomini in regola con i pagamenti solo dopo aver inutilmente escusso gli altri condomini. (Fattispecie avente a oggetto la condanna del condominio, in persona dell’amministratore, alla consegna della documentazione richiesta dal creditore).
Cassazione, Sez. Unite, 8 aprile 2008, n. 9148
In riferimento alle obbligazioni assunte dall’amministratore, o comunque, nell’interesse del condominio, nei confronti di terzi – in difetto di un’espressa previsione normativa che stabilisca il principio della solidarietà, trattandosi di un’obbligazione avente a oggetto una somma di denaro, e perciò divisibile, vincolando l’amministratore i singoli condomini nei limiti delle sue attribuzioni e del mandato conferitogli in ragione delle quote, in conformità con il difetto di struttura unitaria del condominio – la responsabilità dei condomini è retta dal criterio della parziarietà, per cui le obbligazioni assunte nell’interesse del condominio si imputano ai singoli componenti soltanto in proporzione delle rispettive quote, secondo criteri simili a quelli dettati dagli artt. 752 e 1295 c.c. per le obbligazioni ereditarie.
Cassazione civ., Sez. II, 27 settembre 1996, n. 8530
L’amministratore del condominio ha diritto di richiedere ai singoli condomini il rimborso delle somme da lui anticipate per la gestione condominiale solo nei limiti delle rispettive quote dovendosi ritenere applicabile anche nei rapporti esterni la disposizione dell’art. 1123 c.c., a norma della quale le spese necessarie per la conservazione e il godimento delle parti comuni dell’edificio, per le prestazioni dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno.
LA PRATICA
Fac-simile
GIUDICE DI PACE DI <…>
RICORSO PER DECRETO INGIUNTIVO
[per pagamento di spese condominiali]
Il condominio <…>, c.f. <…>, con sede in <…>, via <…> in persona dell’amministratore e legale rappresentante pro tempore <…>, rappresentato e difeso dall’avv. <…> (c.f. <…>) p.e.c. <…>@<…> ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in <…>, via <…> n. <…>, giusta delega a margine del presente atto:
premesso che
- la signora <…> risulta essere proprietaria di una unità immobiliare sita in <…>, all’interno dello stabile condominiale <…>, scala <…>, interno <…>;
- l’assemblea condominiale, in data <…>, ha approvato il bilancio consuntivo relativo alla gestione dal <…> al <…> nonché il bilancio preventivo relativo alle spese condominiali della gestione dal <…> al <…>;
- sulla base di detti documenti la signora <…> risulta essere debitrice dell’importo di € <…> a titolo di conguaglio di spese condominiali relativamente alla gestione dal <…> al <…> nonché dell’importo di € <…> relativamente alle spese condominiali previste per la gestione dal <…> al <…>;
- nonostante l’approvazione e la conoscenza di codesti tributi condominiali, la signora <…> non ha ottemperato alle proprie obbligazioni, non pagando le somme relative all’unità immobiliare di sua proprietà;
- la signora <…> è quindi debitrice del condominio ricorrente per un importo pari a € <…>;
- nonostante i solleciti volti a ottenere un immediato adempimento di quanto dovuto, alla data odierna la debitrice non ha versato alcunché;
- nel caso de quo ricorrono, pertanto, gli estremi per farsi luogo alla emissione di decreto ingiuntivo immediatamente esecutivo ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 642 c.p.c. e 63 disp. att. c.c., sussistendo quale prova scritta del credito, il bilancio consuntivo relativo alla gestione dal <…> al <…> nonché il bilancio preventivo relativo alle spese condominiali della gestione dal <…> al <…>.
Tutto ciò premesso, il condominio <…>, come sopra rappresentato, domiciliato e difeso,
chiede
che l’Ill.mo giudice designato, visti gli artt. 633, 642 e ss., Voglia ingiungere alla sig.ra <…>, residente in <…>, via <…> n. <…> di immediatamente pagare all’odierno ricorrente, per le causali di cui in premessa, la somma capitale di € <…> oltre interessi dalla domanda al saldo, e alle spese e competenze del presente procedimento da distrarsi in favore del procuratore.
Si producono:
1) copia del bilancio consuntivo relativo alla gestione dal <…> al <…>;
2) copia del bilancio preventivo relativo alle spese condominiali della gestione dal <…> al <…>;
3) copia delibera assembleare del <…>;
4) copia lettera racc. a.r. di sollecito del <…>.
Si dichiara che il presente procedimento è di valore pari a € <…>.
<…>, <…>
Avv. <…>
Il sottoscritto procuratore, ai sensi dell’art. 14 del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 e successive modifiche dichiara che il valore del presente procedimento ai fini del contributo unificato è pari a € <…>,00.
Luogo e data <…>
Avv. <…>
LA PRATICA
Fac-simile
Mittente <studio amministrazione cond.>
Via <…>, n. <…>
C.a.p. <…>, comune <…> (prov. <…>)
Raccomandata R.R.
Egr. sig. <…>
Via <…>, n. <…>
C.a.p. <…>, comune <…> (prov. <…>)
Con la presente Le comunico che in data odierna non risultano ancora versate le rate di luglio e settembre, 20<…>, relative alle spese condominiali, per complessive euro <…>. La invito al versamento dell’importo sul c/c <…> intestato a <…> o mediante assegno da presentarsi nei nostri uffici, entro la data del <…>.
Nel protrarsi della Sua inadempienza, mi vedrò costretto ad agire per vie legali. Se nel frattempo Lei avesse già effettuato il pagamento, la presente è priva di effetti.
In attesa di un pronto riscontro, La saluto cordialmente.
Data <…>
L’Amministrazione
<…>
GLI APPROFONDIMENTI DOTTRINALI
- De Tilla, «Sulla solidarietà dei condomini per le obbligazioni contratte dal condominio», in Giust. civ., 1993;
- Di Maio, «Solidarietà e parziarietà nelle obbligazioni condominiali: l’eterno ritorno», in Corr. giur., 2008;
- Giorgetti-Giuggioli, Il nuovo condominio, Giuffrè, 2013;
- Tripaldi, «Sulla natura solidale dell’obbligazione dei condomini», in Giur. It., 2009.